All’Accademia di Belle Arti una mostra celebra il genio di Canova a 200 anni dalla morte

Cento opere, tra sculture, bassorilievi, stampe e documenti d’archivio, raccontano il Genio dell’artista trevigiano massimo esponente del Neoclassicismo

Per la prima volta l’Accademia di Belle Arti in via Ricasoli diventa un vero e proprio spazio espositivo grazie alla mostra Il Culto del Bello. Antonio Canova, Giovanni degli Alessandri e l’Accademia di Belle Arti di Firenze, curata da Sandro Bellesi e realizzata in occasione del bicentenario della morte del grande scultore trevigiano, visitabile fino all’8 ottobre prossimo. Per tre mesi sarà possibile ammirare cento opere tra cui sculture, bassorilievi, stampe e documenti d’archivio provenienti da importanti musei pubblici e da collezioni private. L’iniziativa è anche l’occasione per valorizzare il patrimonio storico-artistico dell’Accademia, in parte sottoposto a una campagna di restauro straordinaria, che ha riguardato la statua del Perseo trionfante restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure.

Allestita negli spazi monumentali della Sale Ghiberti e della Sala Minerva, nel Corridoio dei Bassorilievi e nella Biblioteca ottocentesca, “Il Culto del Bello” trasforma per la prima volta l’Accademia di Belle Arti in un vero e proprio spazio espositivo che ne ripercorre i primi 45 anni di vita: dal 1784 – anno di fondazione da parte del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo – al 1828, ultimo anno di presidenza del nobile fiorentino Giovanni degli Alessandri, figura chiave per comprendere anche il legame che l’Accademia seppe costruire e mantenere a lungo con Antonio Canova. Anni che si intrecciano inevitabilmente con i maggiori avvenimenti storico-artistici del tempo tra cui la dominazione napoleonica e l’ascesa di Antonio Canova che in quegli anni non era soltanto un artista richiestissimo, ma anche Ispettore generale delle Belle Arti per lo Stato pontificio e sovrintendente del patrimonio artistico, fino a ottenere – grazie anche all’impegno profuso nel recupero dei beni artistici trafugati dai francesi – un vitalizio che destinò al sostegno delle Accademie.

La mostra sarà visitabile con ingresso gratuito fino all’8 ottobre dal martedì al venerdì, dalle ore 10 alle 18, e il sabato dalle ore 10 alle 13. Nel mese di agosto, invece, la mostra resterà aperta dal martedì al venerdì, dalle ore 10 alle 14, e chiusa nella settimana di ferragosto. Protagoniste sono le statue in gesso, calchi a grandezza naturale di originali in marmo che tra settecento e ottocento le Accademie d’arte utilizzavano per fini didattici. Un patrimonio che nel XX secolo cadde progressivamente in disgrazia, arrivando a subire persino atti di vandalismo da parte di studenti che in questo modo intendevano rompere con i metodi educativi del passato. Solo recentemente i gessi sono stati rivalutati e hanno ritrovato una loro dignità artistica, insieme ai maestri formatori. Fra le opere in gesso merita un’attenzione particolare la statua del Perseo trionfante, calco dell’originale in marmo, donato all’Accademia dallo stesso Canova e proveniente direttamente dal suo atelier romano. Tra le opere in gesso anche numerosi bassorilievi, testimoni dei concorsi e del cosiddetto pensionato artistico a Roma, una sorta di borsa di studio quadriennale, grazie alla quale gli studenti dell’Accademia di Firenze potevano frequentare le botteghe degli artisti più importanti ed essere seguiti da questi.

Fra i dipinti  è particolarmente significativa una tela di Gaspero Martellini che raffigura Elisa Bonaparte Baciocchi, sorella di Napoleone e granduchessa di Toscana, mentre distribuisce i premi durante uno dei concorsi indetti annualmente dall’Accademia di Firenze (qui siamo nel 1809). Con lei anche Antonio Canova. Nonostante fosse stata nominata granduchessa di Toscana soltanto pochi mesi prima, Elisa Baciocchi, che era anche una grande estimatrice delle arti, volle presenziare alla cerimonia insieme alla famiglia, sottolineando così il suo ruolo di mecenate e l’importanza che riconosceva alla formazione artistica. Fra i documenti d’archivio, invece, sono di particolare rilievo le tavole di un progetto quasi dimenticato: la costruzione di un tempietto per ospitare il gruppo della Niobe al giardino di Boboli. 

Luciano Mazziotta: Luciano Mazziotta è nato a Firenze nel 1960. Giornalista professionista, nel tempo ha lavorato per La Nazione, la Repubblica (redazione di Milano), la Prealpina di Varese e diverse altre testate locali lombarde occupandosi di politica, cronaca, cultura e spettacoli. E’ tornato a vivere a Firenze nel febbraio 2019 dopo 30 anni passati a rincorrere personaggi e a raccontare fatti ed eventi, alcuni anche eclatanti.