Lucia Lavia splendida protagonista di Come tu mi vuoi

Ancora un grande weekend teatrale tra i temi cari a Luigi Pirandello alla Pergola in uno dei drammi forse meno conosciuti dello scrittore. Al Puccini in scena la vita di Antonio Ligabue e una riflessione sul mondo della musica e della genialità

Lucia Lavia in Come tu mi vuoi di Luigi Pirandello

C’è tempo ancora fino al 26 febbraio alla Pergola per ammirare Lucia Lavia in Come tu mi vuoi di Luigi Pirandello diretto da Luca De Fusco. Un lavoro cupo e carico di esistenzialismo, ambientato tra la Berlino anni Venti e l’Italia. Lo spettacolo si allontana da ogni connotazione caricaturale dei personaggi per lasciare spazio ad atmosfere quasi cinematografiche, da noir espressionista, e sottolineare la drammatica, solitaria chiusura di tutti, a cominciare proprio dalla figura complessa e misteriosa dell’Ignota, interpretata da Lucia Lavia, con la ricerca sulla sua identità. Come tu mi vuoi è un capolavoro della maturità di Luigi Pirandello, forse in assoluto il suo meno frequentato. Con un simile testo aspro, ostico e misterioso, il regista Luca De Fusco prosegue nella sua ricerca sul Premio Nobel agrigentino con l’intenzione di inaugurare un preciso progetto volto a indagare le aree meno consuete del repertorio pirandelliano. Lo spettacolo racchiude tutte le caratteristiche del teatro di Pirandello: i temi della maschera, della doppia identità, delle verità multiple, dell’ipocrisia sociale, si stratificano nei personaggi a partire dalla protagonista. In scena con Lucia Lavia ci sono Francesco Biscione, Alessandra Costanzo, Bruno Torrisi, Pierluigi Corallo, Alessandro Balletta, Isabella Giacobbe, Paride Cicirello, Alessandra Pacifico, Nicola Costa.  

Pirandello compose il dramma tra il luglio e il novembre 1929, durante il volontario esilio berlinese. Inizialmente immaginò quest’opera all’interno de I giganti della montagna, sostituendola, poi, con La favola del figlio cambiato. Lo spunto è chiaramente connesso al caso giudiziario dello “smemorato di Collegno”, che ebbe grande rilievo di cronaca e appassionò l’opinione pubblica in quegli anni. La pièce vuole, infatti, che la protagonista, enigmatica artista di cabaret a Berlino, sia l’amante di Salter, scrittore divorziato. Anche la figlia di lui ne è attratta. Dall’Italia la raggiunge un uomo strano, che riconosce in lei una donna scomparsa dal Veneto dopo una violenza subita durante la Grande Guerra. Il marito da un decennio non si dà pace di averla perduta, mentre gli altri parenti la credono morta. Attratta dall’idea di incarnare una personalità limpida, di liberarsi dalle trasgressioni della grande città, L’Ignota entra nella nuova vita e convince tutti, come se fosse “un corpo senza nome in attesa che qualcuno se lo prenda”: ma si rifiuta di proseguire quando sospetta che dietro alla ricerca della moglie scomparsa possa esserci l’interesse per un’eredità e non un amore sincero.

Elisabetta Salvatori

Il palco è spoglio, pochi oggetti; una luce discreta, dalle tonalità ocra, illumina una valigia rigida di molti anni fa e una tela bianca. L’attrice entra indossando un abito bianco lungo, al collo un piccolo specchio. Elisabetta Salvatori porta in scena domani venerdì 24 febbraio (ore 21.30, laboratorio Puccini, ingresso 10,40 euro) Delicato come una farfalla e fiero come un’aquila, un lavoro ispirato alla vita di Antonio Ligabue. Si tratta di uno spettacolo di narrazione: la performer passa dal racconto in terza persona ad alcuni primi piani interiori volti a penetrare l’anima tormentata dell’artista.

Il pittore era solito andare in giro con uno specchio appeso al collo, talvolta riflettendosi per spalancare la bocca ed emettere orribili suoni gutturali, simili a ruggiti. L’attrice propone il rito più volte interrompendo il flusso della narrazione. La tela al centro della scena non rimarrà bianca: più volte la raccont-attrice si avvicina, dipinge qualcosa, ma solo alla fine dello spettacolo sarà chiaro di cosa si tratta. La storia desolante di un uomo solo, tradito e abbandonato da tutti, che trova la propria personale umanità nel rapporto con gli animali e con la natura, viene narrata con pacatezza. Lo spettacolo, con la collaborazione al testo di Marzio Dall’Acqua, nasce dall’evoluzione di un precedente lavoro andato in scena un unica volta, nel maggio del 2009, nel teatro di Buti (PI), che si intitolava “C’era una volta un leone, una tigre, un pollaio e c’ero io nel dipinto di me medesimo”, con la regia di Flavio Bucci.

Da sinistra Sandro Lombardi, Francesca Gabucci e Martino D’Amico ne Il Soccombente (foto di Giusva Cennamo)

Primo capitolo di un’ideale “trilogia sulle arti” che Bernhard scrive tra il 1983 e il 1985, Il soccombente è una riflessione sul mistero della musica e della genialità. Seguirono A colpi d’ascia (1984), incentrato sull’arte drammatica, e Antichi Maestri (1985), dedicato alla pittura. La vicenda si svolge a Salisburgo, quando tre promettenti pianisti decidono di seguire il corso di Vladimir Horowitz. Uno di questi giovani è Glenn Gould, virtuoso inarrivabile del pianoforte. Ed è proprio la schiacciante superiorità di Gould a segnare la vita di un altro dei giovani, Wertheimer. Annientato dalla magistrale esecuzione delle Variazioni Goldberg di Bach, fatta da Gould, il giovane soccombe alla consapevolezza che non potrà mai eguagliare il talento dell’amico. Martino D’Amico, Francesca Gabucci, Sandro Lombardi danno vita al teatro Puccini sabato 25 febbraio e domenica 26 (ore 21.15 e 16.45, primo settore 20 euro, secondo 15) a un romanzo-monologo severo e sferzante. “Questo testo – spiega il regista Federico Tiezzi – che sottolinea temi più universali quali le dinamiche contorte dei rapporti familiari e d’amicizia, si arrovella sul mistero del fallimento individuale e della disumanità dell’arte; e insieme racconta lo strazio dell’impossibilità di stabilire reali rapporti affettivi con i propri simili. In scena una piramide contiene un pianoforte Steinway, totem mostruoso e feticcio idolatrato, tempio per Glenn Gould e luogo di tortura per il soccombente Wertheimer”.

Tutte le foto di Come tu mi vuoi sono di Antonio Parrinello

Luciano Mazziotta: Luciano Mazziotta è nato a Firenze nel 1960. Giornalista professionista, nel tempo ha lavorato per La Nazione, la Repubblica (redazione di Milano), la Prealpina di Varese e diverse altre testate locali lombarde occupandosi di politica, cronaca, cultura e spettacoli. E’ tornato a vivere a Firenze nel febbraio 2019 dopo 30 anni passati a rincorrere personaggi e a raccontare fatti ed eventi, alcuni anche eclatanti.