Siravo è Bérenger, sovrano grottesco metafora dell’esistenza umana e della fragilità del potere

Edoardo Siravo è il protagonista de "Il re muore"

Dal 26 al 30 aprile alla Pergola “Il Re muore” di Jonesco, ultima regia di Maurizio Scaparro con le musiche di Nicola Piovani. Con lui in scena Isabel Russinova e Gabriella Casali

L’ultima regia del Maestro Maurizio Scaparro, Il Re muore di Eugène Ionesco, è in scena dal 26 al 30 aprile al Teatro della Pergola, con protagonista Edoardo Siravo, e le musiche del premio Oscar Nicola Piovani. Con Isabel Russinova e con Gabriella Casali, Carlo Di Maio, Claudia Portale, Michele Ferlito.

A sessant’anni dalla prima mondiale, il testo di Ionesco risulta più attuale e necessario che mai. Al centro Bérenger, un re prepotente e egocentrico che non vuole accettare il destino, di per sé ignoto e inevitabile, pretendendo di renderlo suddito come chiunque altro. Ma il suo regno è alla deriva, e lui che ne è alla guida è un uomo in decadimento: è malato, ma non sa che dovrà morire. Le sue due mogli, informate dal medico discutono se e come informarlo. Alla fine, la notizia viene rivelata. Bérenger è incredulo, e continua a dare ordini, mentre tutto intorno si sgretola e cade a pezzi, e nessuno gli obbedisce più. Testardo e cocciuto, non intende cedere agli eventi, dal momento che non è stato lui a guidarli, e non vuole ammettere che il destino è molto più potente: è lui il vero sovrano dell’universo. Solo quando si rende conto definitivamente che i suoi poteri non lo assistono più, realizza che il suo tempo sta per scadere e acconsente che sia celebrato il rito di preparazione alla sua morte.

Dal Teatro dell’Assurdo, passando per Beckett e Genet, lo spettacolo è una vera e propria immagine poetica della condizione umana. Al suo apparire al Théàtre de l’Alliance francaise a Parigi nel dicembre 1962, Il Re muore fu salutato da una larga parte della critica come il vertice creativo di Eugène Ionesco; alcuni, anzi, non hanno esitato a inserire l’opera tra quelle più significative del teatro contemporaneo.

Lo spettacolo diretto da Scaparro si rivela una grande e vivace metafora dell’esistenza umana e della fragilità del potere, attraverso una messinscena che non dà tregua allo spettatore, con ritmi incalzanti e dialoghi sferzanti. È il dramma dell’uomo inteso come individuo, ma anche come società. Una società in disfacimento progressivo, che alla presenza di segnali della natura sempre più chiari e intensi si ostina a non di ascoltarli, a non vederli e a non agire per tempo. In fin dei conti, però, Il Re muore è anche un inno alla vita cantato a squarciagola, una favola metafisica alla Lewis Carroll, una danza macabra frenetica, incontenibile e contagiosa, dentro un microcosmo grottesco, ma spietatamente vero, dai sentimenti tanto esagerati quanto profondamente umani.

Le foto dello spettacolo sono di Giulia Cerri

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