Palazzo Pitti: lo splendore della Sala di Bona e il recupero degli Arazzi di Valois

Nel 2023 l’apertura al pubblico del salone di rappresentanza restaurato, confinante con la Sala Bianca, resa possibile grazie al milione di euro di Veronica Atkins e dei “Friends”. Gli arazzi saranno protagonisti di una grande mostra in Francia l’anno prossimo

Schmidt con la filantropa americana Veronica Atkins

Una nuova tappa andrà presto ad arricchire il percorso di visita della reggia di Palazzo Pitti. Si tratta della Sala di Bona, grandioso spazio di rappresentanza mediceo, direttamente confinante con la Sala Bianca in Palazzo Pitti. Decorata da un suggestivo ciclo pittorico di ben 540mq, progettato dal tardo manierista Bernardino Poccetti (1548-1612), la Sala di Bona può finalmente essere apprezzata e visitabile da parte del grande pubblico dopo un lungo e complesso restauro realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. L’intervento, è stato reso possibile dal generoso supporto degli Amici degli Uffizi e Friends degli Uffizi Galleries: autrice della generosissima donazione, la filantropa statunitense Veronica Atkins, che, destinando oltre un milione di euro al museo, ha sostenuto, oltre a questa attività, anche il restauro del ciclo mediceo degli Arazzi Valois, custodito nel Palazzo e l’acquisto di un pianoforte da concerto per la Sala Bianca.

L’INTERVENTO IN SALA DI BONA – Il ciclo pittorico in affresco, opera di Bernardino Poccetti, che copre le pareti della Sala di Bona illustra alcune delle più importanti imprese del regno di Ferdinando I che suggellarono il suo contributo alla stabilità politica d’Europa e l’ingresso del Granducato di Toscana nel novero delle grandi potenze del continente. Sono rappresentate scene militari (la conquista della città di Bona in Algeria e la battaglia di Prevesa, in Grecia), vedute di luoghi chiave nella politica militare toscana (il porto di Livorno) e altre raffigurazioni: Cosimo I incoronato dalle virtù, le allegorie del Mar Tirreno e del Fiume Arno, l’allegoria dell’Abbondanza, della Giustizia e della Prudenza. Secondo la politica delle immagini del tempo, esse presentavano la magnificenza medicea ai visitatori illustri che qui sostavano, prima di essere ammessi all’incontro con il Granduca. La Sala era infatti una sorta di anticamera. L’intervento dell’Opificio ha potuto recuperare la stabilità strutturale della sala e l’equilibrio e la luminosità delle pitture. Sono state necessarie meticolose indagini termografiche e georadar, campagne fotografiche nelle diverse bande dello spettro elettromagnetico, ed analisi chimico fisiche; a queste sono seguite le operazioni di restauro, condotte sotto la direzione di Cecilia Frosinini e Renata Pintus, da un pool di restauratori esperti, guidati da Mariarosa Lanfranchi e Paola Ilaria Mariotti.

IL RECUPERO DEGLI ARAZZI VALOIS – A Firenze da più di quattro secoli e dallo scorso accolti in Palazzo Pitti, questi otto arazzi di manifattura fiamminga, commissionati nel 1575 da Caterina de’ Medici, vedova del Re francese Enrico II, si preparano a lasciare dopo lungo tempo il suolo toscano, per una grande mostra in Francia in programma il prossimo anno. Questo è stato possibile grazie al meticoloso, lungo lavoro di restauro appena effettuato dalle specialiste Costanza Perrone Da Zara e Claudia Beyer sotto la supervisione della curatrice degli Arazzi delle Gallerie Alessandra Griffo: ricuciture, lavaggi e reintegrazioni hanno riportato alla luce i dettagli delle scene, feste, giochi ed eventi alla corte di Luigi IX e Enrico III di Francia raccontati da questi capolavori intessuti.

Da sinistra: Atkins e Rambotti

“In oltre cinque anni – sottolinea Rimbotti – le Gallerie degli Uffizi hanno potuto beneficiare di donazioni generose, rese ancor più preziose dall’oggetto delle attenzioni: è molto difficile trovare sostegno per il restauro di opere come gli arazzi. Siamo per questo ancora più riconoscenti nei confronti di Veronica Atkins. La signora Atkins rappresenta un esempio emblematico di cosa significhi il mecenatismo, nato in Toscana nel Rinascimento e oggi accolto negli Stati Uniti in sostegno alla cultura e all’arte come forme indispensabili alla crescita sociale. La filantropia come missione ma anche come contributo ad un patrimonio che non appartiene ad un solo Paese ma a tutta l’umanità, un ponte culturale fra due Nazioni che ne suggella il legame e l’amicizia”. “Per me – conclude Atkins – l’arte è molto importante, perché penso che l’umanità venga migliorata dall’arte. Senza l’arte saremmo semplicemente selvaggi. Questa è la ragione principale per la quale ho deciso di finanziare questi restauri. Amo molto l’Italia e quindi per me è stato naturale dare un contributo a questo paese”.

Luciano Mazziotta: Luciano Mazziotta è nato a Firenze nel 1960. Giornalista professionista, nel tempo ha lavorato per La Nazione, la Repubblica (redazione di Milano), la Prealpina di Varese e diverse altre testate locali lombarde occupandosi di politica, cronaca, cultura e spettacoli. E’ tornato a vivere a Firenze nel febbraio 2019 dopo 30 anni passati a rincorrere personaggi e a raccontare fatti ed eventi, alcuni anche eclatanti.