Castellitto interpreta il timore di perdere tutto e finire sulla strada

Sabato e Domenica al Puccini l’attore riporta in scena “Zorro, un eremita sul marciapiede” tratto da un lavoro di Margaret Mazzantini sulla paura di perdere i fili che tengono ancorati al mondo regolare

Vent’anni fa il debutto, ma in fondo i temi sono rimasti gli stessi. Anche più amplificati se possibile dal complicato momento che tutti stiamo vivendo alle prese con incertezza, solitudine e timore di poter perdere da un momento all’altro tutto quanto siamo riusciti a costruire nel corso di una vita. Sergio Castellitto, protagonista in questi giorni su Rai1 de “Il nostro generale” in cui interpreta Carlo Alberto Dalla Chiesa, riporta in scena al Teatro Puccini sabato 14 (ore 21) e domenica 15 gennaio (ore 16.45) “Zorro, un eremita sul marciapiede” tratto da un racconto scritto dalla moglie Margaret Mazzantini. E’ la storia di un vagabondo che ripercorre la sua vita e le scelte che lo hanno portato a vivere sulla strada e nel mentre riflette sul significato della vita.  Un uomo ai margini della società capace di vedere la realtà osservando la vita delle persone “normali”. Capace di restituire attraverso una sorta di “filosofare” allegro e indefesso il “sale della vita”, la complessità e l’imprevedibilità dell’esistenza. Uno spettacolo tragicomico ed emozionante.

“Stanno sul margine del grande fiume, intenti come pescatori in attesa – racconta Mazzantini -. Pescano nel nostro vortice quello che rimane, quello che schizza via, che gli appartiene per diritto. Hanno quegli odori concentrati, essenza d’uomo, come mosto, come seccume marino, roba sfinita dal sole o macerata dall’umido, roba che fa il suo corso. Zorro mi ha aiutato a stanare un timore che da qualche parte appartiene a tutti. Perché dentro ognuno di noi, inconfessata, incappucciata, c’è questa estrema possibilità: perdere improvvisamente i fili, le zavorre che ci tengono ancorati al mondo regolare. Chi di noi in una notte di strozzatura d’anima, bavero alzato sotto un portico, non ha sentito verso quel corpo, quel sacco di fagotti con un uomo dentro, una possibilità di sé stesso? I barboni sono randagi scappati dalle nostre case, odorano dei nostri armadi, puzzano di ciò che non hanno, ma anche di tutto ciò che ci manca.

Perché forse ci manca quell’andare silenzioso totalmente libero, quel deambulare perplesso, magari losco, eppure così naturale, così necessario, quel fottersene del tempo meteorologico e di quello irreversibile dell’orologio. Chi di noi non ha sentito il desiderio di accasciarsi per strada, come marionetta, gambe larghe sull’asfalto, testa reclinata sul guanciale di un muro? E lasciare al fiume il suo grande, impegnativo corso. Venirne fuori, venirne in pace. Tacito brandello di carne umana sul selciato dell’umanità. Perché i barboni sono come certi cani, ti guardano e vedi la tua faccia che ti sta guardando, non quella che hai addosso, magari quella che avevi da bambino, quella che hai certe volte che sei scemo e triste. Quella faccia affamata e sparuta che avresti potuto avere se il tuo spicchio di mondo non ti avesse accolto. Perché in ogni vita ce n’è almeno un’altra”.

Biglietti: Primo settore: € 32, Secondo settore: € 27 (esclusi diritti di prevendita). La biglietteria è aperta ogni giovedì, venerdì e sabato dalle ore 16.00 alle ore 19.00 e un’ora prima dell’inizio dello spettacolo. Biglietti in vendita nel circuito regionale Box Office/Ticketone. Acquisto on line su www.teatropuccini.it.

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