Il “Muro” di valige racconta il dramma della deportazione

Fra le iniziative per la Giornata della Memoria l’inaugurazione nel Museo di Palazzo Vecchio dell’opera dell’artista romano Fabio Mauri

Fabio Mauri

Il “Muro Occidentale” o “Del Pianto” è alto quattro metri ed è formato da un cumulo di valigie e bauli accatastati in modo ordinato, di dimensioni differenti e materiali diversi: legno, cuoio, tela. Ma racconta un’unica, drammatica storia: il dramma della deportazione e il ruolo del male nella storia dell’umanità.

L’opera di Fabio Mauri è da oggi nel Museo di Palazzo Vecchio in occasione delle iniziative collegate alla Giornata della Memoria che a Firenze ha vissuto di numerosi momenti diversi a partire da questa mattina con il tradizionale raduno delle scolaresche al Mandela Forum.

Da sinistra: Sacchi, Funaro e Marramao

L’installazione è stata inaugurata questa mattina dall’assessore alla cultura Tommaso Sacchi alla presenza della collega Sara Funaro, del presidente del Consiglio Comunale Luca Milani e di numerosi esponenti della cultura cittadina e nazionale tra cui il direttore artistico del Museo del Novecento Sergio Risaliti, il filosofo Giacomo Marramao e il presidente della Triennale di Milano Stefano Boeri autore dello spettacolare Bosco Verticale realizzato al quartiere Isola nel capoluogo lombardo. “Il Muro Occidentale” sarà visibile fino al 23 febbraio. L’opera fu presentata da Mauri per la prima volta nel 1993 alla XLV Biennale di Venezia. In seguito è stata al MAXXI di Roma (2011) e poi di nuovo a Venezia alla Biennale del 2013.

Un particolare dell’opera

L’impatto sul visitatore è molto forte: oltre ai temi dell’esilio, dell’esodo forzato, delle migrazioni, c’è anche quello del viaggio: viaggio che per definizione è sempre un momento di forte eccitazione perché ci si accinge a scoprire mete assolutamente nuove che probabilmente non rivedremo più ma porta dentro di sé anche l’idea del ritorno a casa. Ritorno però che per milioni di persone, barbaramente rastrellate dalle truppe nazi-fasciste perché di razza ebraica, di etnia sinti o rom, appartenenti ai testimoni di geova oppure omosessuali non avvenne mai perché furono sterminate nei campi di concentramento.

“Mauri – ha detto Sacchi –  è stato uno dei protagonisti dell’arte del Novecento e si è interrogato spesso sul tema della morte, del dolore e dell’ingiustizia traendone una sintesi attraverso questo importante “muro” fatto di valige ma anche di vite che hanno viaggiato spesso senza fare più ritorno. Abbiamo voluto questa inaugurazione per dare la giusta importanza alla Giornata della Memoria: una giornata fatta di cultura e di importanti momenti sociali. Portare all’attenzione un tema come quello della deportazione crediamo sia un’azione dovuta nei confronti delle giovani generazioni, di chi deve conoscere quello che è stato perché non si ripeta più in futuro”.

Luciano Mazziotta: Luciano Mazziotta è nato a Firenze nel 1960. Giornalista professionista, nel tempo ha lavorato per La Nazione, la Repubblica (redazione di Milano), la Prealpina di Varese e diverse altre testate locali lombarde occupandosi di politica, cronaca, cultura e spettacoli. E’ tornato a vivere a Firenze nel febbraio 2019 dopo 30 anni passati a rincorrere personaggi e a raccontare fatti ed eventi, alcuni anche eclatanti.