Fra incomunicabilità familiare, rapporti irrisolti e la travolgente genialità della commedia dell’arte

Alla Pergola “Il Figlio” di Florian Zeller con Bocci, Ranzi, Pranno e Gastini, mentre al Puccini Cervi e Bonaiuto danno vita ai “Fantasmi” di Nadia Terranova. Paolo Rossi è uno “scorrettissimo” se stesso per due ore di allegria

Dopo il successo de Il Padre, Piero Maccarinelli dirige Il Figlio di Florian Zeller al Teatro della Pergola, dal 28 febbraio al 5 marzo, e al Teatro Era di Pontedera il 7 e l’8 marzo. Uno spettacolo sulle incomprensioni generazionali, gli egoismi, l’incomunicabilità familiare, attorno a cui ruota spesso ogni adolescenza dolorosa. In scena con Cesare Bocci, Galatea Ranzi, Giulio Pranno, Marta Gastini, e con Riccardo Floris e Manuel Di Martino. La produzione è Il Parioli, Teatro della Toscana. Il testo – candidato a sei premi Molière, successo teatrale a Londra e New York, diventato di recente un film – rende palpitante la bella prosa di Zeller, scavando nel cuore di qualsiasi genitore. Al tempo stesso, è anche uno specchio importante per le ragazze e i ragazzi che si riconoscono nell’inquietudine del giovane Nicola, interpretato da Giulio Pranno.  

La vicenda è una storia comune a molte famiglie: i genitori di Nicola sono divorziati, il padre ha una nuova compagna e un figlio piccolo. L’ex moglie lo interpella quando scopre che Nicola non va più a scuola e desidera abitare con la nuova famiglia paterna. Ma nemmeno lì il ragazzo trova un po’ di serenità. «La trama è semplice, ma non il tessuto di emozioni, la voglia di svelare quel che spesso, troppo spesso si nasconde – afferma il regista – Il Figlio ti conquista grazie non solo alla bellezza del linguaggio, ma anche alla capacità di introspezione, ai rimandi fra un personaggio e l’altro, al manifestarsi delle loro debolezze, delle loro incapacità di capire sé stessi e gli altri. Mentre nel Padre venivano analizzati i rapporti degli altri in rapporto all’Alzheimer, qui Zeller ci conduce sapientemente per mano sul terreno delle incomprensioni generazionali all’interno del nucleo familiare”.  Nicola, infatti, frequenta l’ultimo anno del liceo e vive a casa della madre Anna, interpetrata da Galatea Ranzi. Suo padre Piero, interpretato da Cesare Bocci, ha appena avuto un altro figlio con la sua nuova compagna Sofia, interpreta da Marta Gastini. Anna informa l’ex marito che Nicola da tre mesi non va più a scuola: secondo lei ha una depressione adolescenziale. Piero ne parla con il figlio, che esprime il desiderio di andare a vivere da lui e Sofia. Piero, a quel punto, decide di cambiare scuola a Nicola e si dà da fare, per quanto può, per ridargli il gusto di vivere.

Valentina Cervi e Anna Bonaiuto

Giovedì 2 marzo (ore 21) al Teatro Puccini Anna Bonaiuto e Valentina Cervi mettono in scena Addio fantasmi. E’ la storia di una donna, Ida Laquidara, alle prese con il vuoto di un’assenza: il padre, un giorno, quando lei era bambina, è uscito di casa per non tornare più. Molti anni dopo Ida, che ora vive a Roma, viene richiamata all’improvviso dalla madre a Messina, la sua città natale: la donna deve ristrutturare la casa di famiglia, che vuole mettere in vendita, e ha bisogno del suo aiuto. Quel viaggio riporterà in vita tutti i suoi fantasmi, in un crescendo di inquietudini alimentate dal rapporto irrisolto con la madre. Nadia Terranova, finalista al Premio Strega 2019 pone al centro il rapporto tra due donne, una figlia e una madre, incarnate sul palco da due attrici d’eccezione, Anna Bonaiuto e Valentina Cervi. Biglietti: posto unico numerato € 20,00 (esclusi diritti di prevendita)

Paolo Rossi, foto © MoniQue

Venerdì 3 e sabato 4 marzo sempre al Puccini (ore 21) ecco arrivare Paolo Rossi con il suo “Scorrettissimo me, per un futuro, immenso repertorio” che unisce stand up a commedia dell’arte. I contenuti variano e sono sempre legati all’attualità: dal modificarsi del virus, alla guerra, alla crisi economica, “Mancano solo gli alieni. Gli zombie – precisa Rossi – abbondano già da un po’ e li incontriamo quotidianamente”. Ci sono racconti sulla nuova censura (political corretta), sulla cancellazione della memoria e della cultura, sulla dittatura del pensiero unico, sul virus dell’informazione. Fenomeni che un cantastorie non può fingere di non vedere. Agile, dirompente, sfuggente alle definizioni di genere e duttile nell’allestimento scenico, lo spettacolo ha le caratteristiche di un evento più che di una rappresentazione e si adatta a qualunque luogo voglia ospitare la ‘non replica’, addirittura il teatro propriamente detto. Un teatro d’emergenza? Delirio organizzato? Serata illegale? Teatro di rianimazione? Comunque, un teatro di domande. Al centro della scena c’è l’attore, ci sono i personaggi che evoca o interpreta nelle varie affabulazioni, ma soprattutto c’è la persona. Attore, persona e personaggio, per allontanarsi dalle tradizionali rappresentazioni.

“Ogni sera il cantastorie si presenta al pubblico insieme ai suoi musicanti con il suo immenso repertorio. Quali sono i vostri bisogni, problemi, paure che con una storia o una cantata possiamo alleggerir? Noi siamo genere di conforto, il sano intrattenimento indispensabile come la benzina necessaria per attraversare questi tempi difficili. E siamo disponibili pure per matrimoni, battesimi, feste di divorzio e funerali allegri. Avete perso l’ottimismo? Abbiamo due ore circa per ritrovarlo insieme’. Biglietti: primo settore € 22,00, secondo settore € 17,00.

Luciano Mazziotta: Luciano Mazziotta è nato a Firenze nel 1960. Giornalista professionista, nel tempo ha lavorato per La Nazione, la Repubblica (redazione di Milano), la Prealpina di Varese e diverse altre testate locali lombarde occupandosi di politica, cronaca, cultura e spettacoli. E’ tornato a vivere a Firenze nel febbraio 2019 dopo 30 anni passati a rincorrere personaggi e a raccontare fatti ed eventi, alcuni anche eclatanti.