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E sotto l’albero di Penone spuntò un innaffiatoio

29 Marzo 2021 // Luciano Mazziotta

Il “Genio fiorentino” colpisce ancora e questa volta prende di mira con arguzia l’opera di Giuseppe Penone inaugurata in piazza Signoria il giorno del Dante Dì. “Ci hanno mandato Spelacchio” e “Non dà senso di speranza” i commenti dei cittadini. Draghi (FdI): “Almeno potevano mettere accanto una targa o un cartello illustrativo”

Non siamo ancora alla celebre battuta di quell’anziano fiorentino che, in occasione della nevicata del 2010 e del seguente caos in città apostrofò duramente l’allora sindaco Renzi con poche parole entrate direttamente nel prontuario delle citazioni più riferite in riva all’Arno: “O Matteo col sale che t’ha sparso per strada un ci si condisce neppure l’insalata”. Già perché lo spirito arguto che alberga in ogni residente della città del Giglio ha colpito di nuovo e a farne le spese questa volta è stato l’abete di Giuseppe Penone, inaugurato in piazza Signoria appena qualche giorno fa in occasione del Dante Dì.

Cosa è successo è presto detto: questa mattina qualche burlone ha pensato bene di depositare alla base dell’opera in metallo, alta oltre 22 metri che simboleggia l’albero che aspira ad arrivare in cielo secondo il diciottesimo Canto del Paradiso, un innaffiatoio sperando così che da qualche parte possano spuntare delle piccole foglioline. Ma che l’opera dell’artista torinese avesse suscitato più di una perplessità e diverse battute irriverenti lo si era visto proprio poco prima dell’inaugurazione ufficiale avvenuta con la partecipazione tra gli altri del sindaco Dario Nardella, del direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, del Governatore toscano Eugenio Giani e dell’assessore alla cultura Tommaso Sacchi.

L’abete di Giuseppe Penone in piazza della Signoria

“Ci hanno mandato Spelacchio”, oppure “Gli’è belle arrivato l’autunno, la primavera tarda a venire”, o ancora “Rappresenta le condizioni in cui siamo adesso, belli secchi: non dà senso di speranza, non ci vedo un grosso futuro in quest’albero” i commenti in piazza per non parlare dei social che si sono sbizzarriti: in particolare Freddie che su Facebook ha scritto: “Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e ‘nvolti; non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco.  XIII Canto dell’Inferno, altro che Paradiso”.

E così l’Abete di Penone è finito dritto in Consiglio Comunale grazie a una domanda di attualità di Alessandro Draghi capogruppo di Fratelli d’Italia che voleva sapere per quanto tempo l’installazione sarebbe rimasta in Piazza Signoria e soprattutto quanto sarebbe costato per le casse del Comune. Nessun costo ha ribadito Sacchi in aula per poi aggiungere che l’albero svetterà in piazza fino a settembre mese in cui ricorrono i 700 anni dalla morte di Dante. “Rispetto quei pochi cittadini che lo apprezzano – ha poi commentato Draghi – come quei tanti che ci hanno scritto inorriditi. Spiace però che sia stato inaugurato in pompa magna senza che fosse apposta almeno una targhetta o un cartello illustrativo per spiegare di cosa tratta la realizzazione artistica o cosa rappresenta”. Concludendo con un altrettanto punto di finissima ironia: “Come farebbe un passante o un visitatore che “giunto mi vidi ove mirabil cosa”.

Argomenti:Abete, Dante, Dantedì, Giuseppe Penone, innaffiatoio, ironia

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Info Luciano Mazziotta

Luciano Mazziotta è nato a Firenze nel 1960. Giornalista professionista, nel tempo ha lavorato per La Nazione, la Repubblica (redazione di Milano), la Prealpina di Varese e diverse altre testate locali lombarde occupandosi di politica, cronaca, cultura e spettacoli. E’ tornato a vivere a Firenze nel febbraio 2019 dopo 30 anni passati a rincorrere personaggi e a raccontare fatti ed eventi, alcuni anche eclatanti.

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