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La domenica in città ai tempi del Coronavirus

8 Marzo 2020 // Luciano Mazziotta

Strade quasi deserte, musei e biblioteche sbarrate, ristoranti chiusi per ferie. I pochi turisti si concentrano tra Piazza Signoria e via De’ Neri, nel regno di Borg’Unto

La prima domenica ai tempi del Coronavirus dopo l’inasprimento delle misure di prevenzione deciso di notte e con Decreto urgente dal Governo, ha il sapore di una mattina primaverile e piena di sole.

Pochi viaggiatori sugli autobus che portano in Centro e poche persone in giro, almeno fino in Piazza San Marco. In via degli Arazzieri si riesce perfino a camminare in mezzo di strada, quando invece prima in mezzo di strada il minimo che poteva capitarti era di finire stesi da mezzi pubblici, taxi e furgoni di fornitori di qualsiasi tipo di merce. Piazza Indipendenza è più bella del solito, silenziosa e quasi deserta: nemmeno le transenne che cinturano il lato dove sono partiti i lavori di riqualificazione danno fastidio perché quello che colpisce subito è proprio il silenzio. Un silenzio quasi irreale, ma comunque magico e avvolgente, rotto soltanto da qualche bus che l’attraversa o da qualche bicicletta che prova ad avventurarsi per strade mai percorse fino a questo momento visto l’alto tasso di traffico che abitualmente l’attraversa.

Un po’ più di movimento c’è alla Stazione di Santa Maria Novella, ma per un luogo caotico, disordinato, frenetico e spesso al limite della vivibilità è quasi nulla. Un paio di ristoranti giapponesi in Largo Alinari hanno le serrande abbassate con un cartello che recita nelle due lingue “Chiuso per ferie” oppure “Chiuso fino al 5 aprile”. I treni partono, ma non c’è l’assembramento dei giorni normali. Si guardano gli orari, si cerca di capire se si riuscirà a partire: soprattutto in direzione Nord, dove la zona “Rossa” adesso comprende tutte le regioni della “Corona delle Alpi” più Liguria ed Emilia Romagna. Bar ed esercizi commerciali all’interno sono quasi vuoti, inimmaginabile fino a pochi giorni fa. Colpiscono fuori le due lunghe file di taxi in attesa di clienti, altra cosa quasi inimmaginabile. Andando verso la chiesa omonima pian piano la città torna ad animarsi: piccoli gruppi fanno capolino da una strada all’altra e tante sono le coppie in giro per godersi forse un’atmosfera irripetibile.

A Santa Maria Novella le messe sono sospese fino al 3 aprile, ma resta la possibilità di una cappellina per un momento di raccoglimento e di preghiera personale. Il Museo Del Novecento, come i Musei Cittadini, Palazzo Strozzi e gli altri luoghi di visita, lo stesso. Due Domenicani provano a spiegare le motivazioni a un gruppetto di turisti che poi sconsolati decidono di incamminarsi verso un ristorante per provare le specialità della cucina fiorentina, ovviamente con ingressi contingentati e tavolini a distanza di un metro l’uno dall’altro per garantire maggior sicurezza.

Alla Galleria degli Uffizi per una volta non ci sono code chilometriche in attesa di entrare. I portoni di ingresso sono sbarrati e un cartello di poche righe spiega il perché.

Il tempo di girare l’angolo e il Coronavirus, almeno a Borg’Unto, non è mai arrivato. La coda per le mitiche schiacciate dell’Antico Vinaio arriva fino all’angolo fra via della Ninna e l’inizio di via dei Leoni. I ragazzi dello staff si affannano per staccare le persone ma qui la distanza di sicurezza di un metro è un’idea sconosciuta ai più. L’importante è assicurarsi una delle tante prelibatezze disponibili e poco importa se l’attesa media è di oltre mezz’ora.

Qualcuno addirittura non rinuncia a falsi un selfie mentre aspetta, quasi libidinoso, di stringere fra le mani la gustosissima stiaccia. Poche centinaia di metri, il tempo di attraversare via del Proconsolo e arrivare in Piazza Duomo e lo scenario cambia radicalmente. Qui a regnare è di nuovo l’incertezza e, forse, la paura. Gelaterie, bar e ristoranti sono tristemente vuoti: alcuni anche chiusi. Qui l’allegria di Borg’Unto non è arrivata.

Argomenti:Coronavirus, Covid-19, Domenica, Firenze

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Info Luciano Mazziotta

Luciano Mazziotta è nato a Firenze nel 1960. Giornalista professionista, nel tempo ha lavorato per La Nazione, la Repubblica (redazione di Milano), la Prealpina di Varese e diverse altre testate locali lombarde occupandosi di politica, cronaca, cultura e spettacoli. E’ tornato a vivere a Firenze nel febbraio 2019 dopo 30 anni passati a rincorrere personaggi e a raccontare fatti ed eventi, alcuni anche eclatanti.

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